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Leggende e curiosità
da Rodolfo Lanciani [1] - pagg.31-32:
Una ricostruzione di fantasia dell'isola si trova in Villa d'Este a Tivoli, formando parte della pianta a rilievo della città di Roma che Pirro Ligorio pensò di aggiungere alle curiosità di quel delizioso luogo. Un corso d'acqua, derivato dall'Aniene, rappresenta il Tevere, nel quale la nave sembra galleggiare, con l'obelisco in guisa di albero maestro e le armi del Cardinale Ippolito d'Este al posto dell'emblema del "dio misericordioso". [1]

da Christoff Neumeister [2] - pagg.194-196:
L'INTRODUZIONE DEL CULTO DI ESCULAPIO A ROMA (Ovidio, Metamorphoseis, XV 626-744)
L'antico viaggiatore, arrivando sull'Insula dal Pons Fabricius, avrebbe scorto alla sua sinistra il santuario del dio guaritore Esculapio = Asclepio. Eccone la storia.
Quando nel 293 a.C. Roma venne investita da un'epidemia che non si riusciva a debellare, si interrogarono i Libri Sibillini (ovvero, secondo quanto ci dice Ovidio nelle sue Metamorfosi, l'oracolo di Delfi) per sapere come si potesse scampare al flagello. La risposta fu che si doveva trasportare il dio Esculapio dal suo più importante santuario, sito ad Epidauro, a Roma. Venne perciò inviata per mare un'ambasceria, con il compito di chiedere che le venisse concesso il dio (o più precisamente la sua immagine cultuale). Tuttavia, mentre si svolgeva la trattativa, ecco apparire il dio stesso in forma di gigantesco serpente, il quale salì spontaneamente sulla nave dei romani. Questi ultimi allora si misero in rotta per il ritorno e, favoriti da venti straordinari, giunsero alle foci del Tevere dopo aver compiuto un solo scalo intermedio. Qui vennero accolti dal popolo festante e quando la nave, risalendo il fiume, arrivò in città, il serpente divino si arrampicò sull'albero maestro e si guardò intorno; poi scivolò giù dalla nave, prendendo terra sull'isola Tiberina, dove gli venne eretto un tempio.
Questo è il racconto leggendario che spiega perché il santuario di Esculapio sia stato fondato sull'isola Tiberina. La vera ragione dovette essere molto più semplice: bisogna tener presente, infatti, che, come in altri centri del culto di Esculapio, al santuario era annessa una sorta di ospedale, per il quale era raccomandabile disporre di una zona per quanto possibile isolata e nello stesso tempo non distante dalla città. L'isola Tiberina soddisfaceva molto bene ad entrambe le condizioni, tanto più che nelle epoche più antiche essa non era collegata alla città per mezzo di ponti.

Erano in molti ad usufruire dell'aiuto del dio (cioè a dire dei suoi sacerdoti terapeuti). Ne fanno fede le iscrizioni e soprattutto le innumerevoli tavolette votive che sono state rinvenute nel letto del Tevere negli anni 1885-1887, in occasione dei lavori di sistemazione dell'alveo del fiume. Queste tavolette erano principalmente espressione dei ceti più umili (liberti e schiavi). Dato che con l'andare del tempo si era sempre più diffusa la crudele abitudine di abbandonare sull'isola Tiberina gli schiavi malati, il cui mantenimento era diventato troppo oneroso per i loro padroni, l'imperatore Claudio ordinò che ogni schiavo abbandonato, nel caso in cui riuscisse a guarire, poteva considerarsi libero, senza alcun obbligo di tornare sotto l'autorità del proprio padrone.
Nave di
                    EsculapioA ricordo della leggenda di fondazione, l'isola venne rivestita con un paramento in travertino a forma di nave - stranamente però non con la prora rivolta in senso contrario alla corrente, come ci si poteva attendere sulla base della leggenda, bensì rivolta verso il mare, quasi che la nave di Esculapio si trovasse, per così dire, alla fonda. Resti di questa sistemazione monumentale sono ancora oggi visibili; più in particolare si tratta dell'estremità anteriore della zona degli scalmi (v.fig.: Ricostruzione della prora della nave di Esculapio secondo O. Höckmann, München 1985), sul cui lato compare una decorazione a testa di ariete del tipo che in antico serviva a proteggere i fianchi della nave al momento dell'attracco; sul da vanti è possibile vedere il noto simbolo del dio, che ancora oggi costituisce l'emblema dei medici e dei farmacisti: un bastone attorno al quale si attorciglia un serpente (Ovidio, Metamorphoseis, XV 659): serpentem, baculum qui nexíbus ambit. Sull'isola fu simbolicamente rappresentato anche l'albero maestro della nave di Esculapio, dal quale il serpente al suo arrivo scorse il luogo dove sarebbe dovuto sorgere il suo tempio: si tratta va di un obelisco posto al centro dell'isola e del quale si rinvennero le fondamenta nel 1676.

I MURAGLIONI
La sorte dell'Isola Tiberina è stata in forse quando, alla fine del '800, dopo la proclamazione di Roma a capitale d'Italia, si decise di dare al Tevere, che spesso rompeva gli argini allagando i quartieri circostanti, una sistemazione definitiva più degna del nuovo ruolo della città.
Tra i vari progetti (uno dei quali prevedeva addirittura l'interramento del ramo sinistro del fiume, per sua natura più statico del destro e tendente all'insabbiamento, con conseguente scomparsa dell'isola e sua annessione alla sponda sinistra del Tevere) fu approvato nel 1875 il progetto Canevari che prevedeva l'imbrigliamento del Tevere tra due "muraglioni" ed in particolare:
-regolarizzazione del corso del fiume nel tratto urbano ad una larghezza costante di 100 m ai piedi dei muraglioni
-conservazione dell'Isola Tiberina abbracciandola con due rami del fiume rispettivamente di 60 m a sinistra e 70 a destra
-allargamento di Ponte Cestio e demolizione del Ponte Rotto
I lavori ebbero inizio nel 1877.
Così scriveva in proposito Luigi Pirandello (da "Pianto del Tevere"):
"Ma non lo vedrete più com'io lo vidi per Roma, un giorno, il Tevere passare tra i naturali scoscesi lidi. (...) Una prigion di grigie dighe e gravi ponti or l'incassa che le svolte inarena quanto più l'acqua s'abbassa. E secco è il braccio con cui prima quella che dei Due Ponti l'isoletta fu, cingeva come fosse la sua bella."