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Descrizione
L'unica arcata superstite del vecchio Pons Aemilius risale alla metà del '500, quando fu eseguito l'ultimo rifacimento del ponte; tuttavia essa poggia ancora sui piloni a sperone, in blocchi di travertino, del II sec. a.C.
Sono tuttora visibili su entrambi i lati del ponte, sia nelle insegne alla sommità dell'occhio di piena che nei fregi agli angoli dell'arco, i simboli del drago di Gregorio XIII.

Leggende e curiosità
Così come accade ancora oggi, anche nell'antica Roma i ponti erano tra i luoghi preferiti per suicidarsi ed inoltre, a quei tempi come ora, le loro arcate offrivano riparo ai mendicanti.
Per quanto riguarda il primo aspetto, esiste una testimonianza piuttosto umoristica tramandataci da Giovenale nella sua satira VI (VV. 28-32), nel brano in cui si parla di un tale Postumo che è in procinto di sposarsi: "Sei forse diventato matto?", gli chiede il poeta tutto agitato: "ti vuoi sposare sebbene tu abbia a disposizione tutte le corde che vuoi (per impiccarti), con tante finestre che ci sono ai piani alti (per gettarti di sotto) e quantunque il Ponte Emilio ti stia a due passi? " (cum tibi vicinum se praebeat Aemilius Pons?).
Il fatto poi che i mendicanti abitassero sotto i ponti era per i romani una realtà così familiare che la parola stessa pons veniva usata per indicare in modo sintetico una condizione di estrema povertà. Marziale finisce di descrivere quel trasloco particolarmente miserando che abbiamo già citato nel cap. II (XII 32) con la frase: "Questa processione di cianfrusaglie ben si addice ad un ponte" (haec sarcinarum pompa convenit ponti).
Giovenale, nella sua satira XIV, conclude il quadro della magra cena di un ricco avaro (tozzi di pane ammuffito, avanzi del giorno prima, vecchie fave, pesci di poco prezzo, fette di cipolla contate) con le parole (v. 134): "Se fosse invitato, anche uno che vive sotto i ponti rifiuterebbe" (invitatus ad haec aliquis de ponte negabit).