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La
                    basilica a metà del XVIII secolo in una
                    incisione di G.VasiLa basilica di S. Bartolomeo all'Isola ha oltre mille anni ed è una delle presenze più antiche dell'isola Tiberina; sorge nella parte sud-est dell'isola sul sito dell'antico Tempio di Esculapio.


Riferimenti in Roma: Piazza di S. Bartolomeo all'Isola 22 - 00186 Roma. Chiesa non parrocchiale.
Settore Centro - Prefettura II - 1°Circoscrizione. Affidata a Padre Angelo Romano.
Telefono: +39 - 06 687 7973.


LA STORIA

La basilica di "San Bartolomeo all’Isola" fu costruita verso la fine del X secolo (nel 997 secondo Gregorovius) per volontà dell’imperatore germanico Ottone III, in onore dell’amico martire Sant’Adalberto, sulle rovine di un antico tempio romano votivo in onore di Esculapio (si racconta che Ottone scelse l’Isola Tiberina per poter vedere la chiesa dal suo palazzo sull’Aventino).
Ottone III arricchì la basilica da lui fondata di reliquie di santi, tra cui quelle di San Paolino da Nola e
dell’apostolo Bartolomeo. Il nome della basilica mutò in breve tempo dafig.1 -
                    Iscrizione sul portale d'ingresso Adalberto a Bartolomeo: già nel 1088, su alcuni documenti, viene indicata come S. Bartholomeus a Domo Ioanni Cayetani e in una iscrizione datata 1113, quella inferiore visibile sul portale d’ingresso della basilica, si ricorda soltanto la presenza dei corpi dei santi Bartolomeo e Paolino da Nola. (fig.1)
Durante il pontificato di Pasquale II (1099-1118) la chiesa fu completamente rifondata, come documentato dalla iscrizione superiore sullo stesso portale; a quell'epoca risale probabilmente anche il campanile romanico che affianca la chiesa.
Gli interventi di riedificazione si conclusero nella seconda metà del XII secolo, al tempo di papa Alessandro III (1159-1181), e portarono la chiesa alla configurazione tuttora visibile nelle sue linee essenziali.
Resa titolo cardinalizio nel 1517 da papa Leone X, la chiesa di S. Bartolomeo fu affidata nel 1524 ai francescani dell’Osservanza.
Durante il pontificato di papa Giulio III (1550-1555) la Confraternita dei Molinari si insediò nella cappella a sinistra dell’altare maggiore, e vi rimase fino al 1846.
fig.2 - Mosaico
                    sec. XII
Nel 1557 una disastrosa inondazione danneggiò in maniera irreparabile la facciata con i suoi mosaici, la navata destra e la zona del presbiterio, distruggendo anche la decorazione pittorica e musiva dell’interno; ne rimane solamente un frammento conservato nella Sala del Mosaico, ex coro dei frati, sopra al portico (fig.2). La chiesa fu quindi temporaneamente abbandonata e le reliquie trasferite nella Basilica Vaticana.
Nel 1583 il cardinale Anton Giulio Santoro patrocinò il restauro della facciata, della navata destra e del presbiterio, la costruzione di un nuovo ciborio in
fig.3 - Vasca in
                    porfido sostituzione di quello medioevale di cui riutilizzò le quattro preziose colonne in porfido, trasferite poi nel 1829 in Vaticano nella Galleria degli Arazzi, e il ritorno delle reliquie dell’apostolo Bartolomeo dalla Basilica Vaticana. Le reliquie furono deposte nell’antica vasca di porfido rosso che ancora oggi è basamento dell’altare maggiore. (fig.3)
Nella cappella dei Molinari furono collocate nel 1601 le reliquie di S. Paolino e dei santi Adalberto, Esuperanzio e Marcello; nel 1636 San Paolino da Nola divenne protettore della Confraternita.
Dal 1608 al 1621 il cardinale Michelangelo Tonti chiamò Antonio Carracci (1589-1616), nipote di Annibale, ad affrescare quattro delle sei cappelle laterali della basilica.
Al tempo del cardinale spagnolo Gabriele Trejo Paniacqua (1621-1630) risale l’esecuzione della nuova facciata, del soffitto ligneo e alcuni altri interventi minori.
fig.4 - Incisione di
                    G.Vasi
Il Cardinal Nepote Francesco Barberini finanziò nel 1638 la costruzione dell’ala del convento francescano alla sinistra della facciata (1639), simmetrica a quella edificata nel XVI secolo e oggi non più esistente, ma visibile in alcune incisioni d’epoca. (fig.4)
Nel 1694 i francescani installarono, nei locali circostanti la basilica, il proprio Collegio Missionario, attivo fino al 1885, anno dell’esproprio statale.
Nei primi decenni del Settecento il cardinale spagnolo Antonio Cienfuegos, titolare dal 1721 al 1739, promosse e finanziò la sistemazione delle balaustre di accesso alle cappelle, il pavimento e la ricca decorazione a stucco che orna l’intera navata centrale della basilica.
Nel Settecento alcune importanti istituzioni religiose si insediarono in S. Bartolomeo tra cui la "Confraternita dei Devoti di Gesù al Calvario e di Maria SS. Addolorata", detta dei Sacconi Rossi per il caratteristico abito usato durante le processioni, fondata nel 1760, i cui membri si incaricavano di raccogliere i cadaveri abbandonati e in particolare quelli degli annegati nel Tevere, seppellendoli in un cimitero sotto all’oratorio.
Nel 1798 la chiesa fu occupata dell’esercito francese; i danni lasciati dall’occupazione militare resero necessario, nel 1801, il restauro dell’area del presbiterio.
Nel 1852 Papa Pio IX (1846-1878) donò alla chiesa un nuovo altare, sistemato intorno alla vasca in
fig.5 - Icona Nuovi
                    Martiri del '900 porfido con le reliquie dell’apostolo, e commissionò una campagna di lavori negli anni 1865-68, promuovendo una raccolta in danaro allo scopo.
Durante i tragici mesi dal settembre 1943 al giugno 1944 la basilica, come altri conventi e case di religiosi di Roma, dette rifugio a decine di ebrei, nascosti per evitare la deportazione.
Nel 1994 papa Giovanni Paolo II ha affidato alla Comunità di Sant’Egidio la basilica e i locali annessi, e dal 2000 essa è dedicata ai “Nuovi Martiri del Novecento”.(fig.5)


LA PIAZZA

Nel 1639, dopo la costruzione dell'ala sinistra del convento francescano, la piazza si presenta comefig.A1 - La piazza
                    nella pianta del Falda (1676) nell'incisione del Falda (1676) (fig.1). L'ala destra era già stata edificata verso la fine del XVI secolo, come sembra testimoniato dalle incisioni del Tempesta (1593) e del Maggi (1625) (fig.2). Alla fine del XIX secolo l'ala destra, così come gli altri edifici dell'isola verso Trastevere, vengono abbattuti per allargare il ramofig.A2 - La
                    piazza nelle piante del Tempesta (1593) e del Maggi
                    (1625) destro del fiume nell'ambito della costruzione dei muraglioni, e la piazza assume l'aspetto attuale.
Al centro della piazza, dove sorgeva il leggendario obelisco- albero della "nave di pietra", era una colonna su cui venivano affissi ogni anno i nomi di coloro che non si erano comunicati a Pasqua; essa fu sostituita nel 1869 con una guglia (Ignazio Giacometti) come riportato nell'iscrizione: "PIUS IX PONT.MAX IN COLUMNAE LOCUM QUAE PLAUSTRI IMPETU QUASSATA CONCIDERAT PECUNIA SUA FIERI ERIGIQUE IUSSIT - ANNO CHRISTIANO MDCCCLXIX CONCILIO VATICANO INEUNTE [Pio IX Pontefice Massimo, nel luogo della colonna che era caduta a terra rovinata dall'impatto di un carro, comandò che (questa guglia) fosse costruita e innalzata a sue spese. Anno cristiano 1869, inizio del Concilio Vaticano] (v.sezione "Scritte sul marmo").fig.A3 - I quattro
                    lati della guglia
All'interno delle quattro nicchie sono le statue dei santi: S.Bartolomeo verso la chiesa, poi in senso orario S.Francesco, S.Giovanni di Dio e S.Paolino vescovo. I nomi sono riportati sulla sommità delle nicchie: S.BARTHOLOMAEVS AP[OSTOLUS] - S.FRANCISCVS AS[SISI] - S.IOANNES DE DEO - S.PAVLINVS EP[ISCOPUS] (fig.3).

LA FACCIATA
L'edificio originario era probabilmente più piccolo dell'attuale: l'immagine raffigurata nel disco di pietrafig.B1 -
                      Rappresentazione della chiesa nella mano dell'imperatore, in un particolare della vera di pozzo posta ai piedi dell'altare maggiore (fig.4), fa supporre che la chiesa avesse una sola navata.
Nel 1624-25 la facciata viene avanzata incorporando il vecchio portico (visibile nelle incisioni del Tempesta e del Maggi - v. fig.A2) e assumendo l'aspetto attuale, forse su disegni di Martino Longhi, già attivo nella basilica ma deceduto trent'anni prima oppure, secondo altri, per opera dell'architetto Orazio Torriani.fig.B2 - La
                      facciata della Basilica
La facciata è a due ordini: l'inferiore è costituito da tre arcate separate da due nicchioni tra colonne di granito, forse destinati ad accogliere statue. La cornice della trabeazione inferiore porta la scritta: "IN HAC BASILICA REQUIESCIT CORPUS S. BARTHOLOMAEI APOSTOLI" [In questa basilica riposa il corpo dell'apostolo S. Bartolomeo] (fig.5)
L'ordine superiore era limitato in origine allafig.B3 - Il
                      campanile parte corrispondente alle tre finestre centrali e due grandi volute raccordavano il timpano all'ordine inferiore (v. Falda in fig.A1). Nel Settecento furono aggiunte le finestre laterali sormontate dalle piccole volute.
A sinistra della facciata è il campanile romanico (fig.6) a tre ordini di finestre: bifore quelle dell'ordine inferiore e trifore quelle dei due superiori.fig.B4 - Resti
                      dell'antica trabeazione del portico
Nel corso del recente restauro del portico, che ha portato al rifacimento del pavimento, sono stati rinvenuti resti del portico del XII secolo (fig.7), murati nella parete sinistra, e probabili resti delle trabeazioni di precedenti ingressi.
Il portale marmoreo riporta incise due iscrizioni; (fig.8) quella sul margine interno della trabeazione segnala la presenza nella chiesa dei corpi dei santi Paolino e Bartolomeo:
+QV[A]E DOMUS ISTA GERIT SI PIGNERA NOSCERE QU[A]ERIS.CORPORA PAVLINI SINT CREDAS BARTHOLOM[A]EI [Se desideri conoscere le testimonianze che questa casa fig.B5 -
                      Iscrizioni sul portale d'ingresso contiene, sappi che sono i corpi di Paolino e di Bartolomeo].
Quella sul margine superiore riporta la data di costruzione (1113, al tempo di Pasquale II) e ricorda il trasferimento dei corpi dei santi ad opera di Ottone III:
TERTIVS ISTORVM REX TRANSTVLIT OTTO PIORUM CORPORA - QVIS DOMUS HAEC SIC REDIMITA VIGET - ANNO D[OMI]NIC[AE] INC[ARNATIONIS] MILL[ENO] CXIII IND[ICTIONE] VII M[ENSIS] AP[RI]L[IS] D[IES] IIII T[EM]P[O]RE P[A]SC[A]L[IS] II P[A]P[AE] [Il re Ottone III trasferì i corpi di questi santi - per i quali questa casa così coronata fiorisce - nell'anno dell'incarnazione del Signore 1113, VII indizione, il 4 del mese di Aprile al tempo di papa Pasquale II (l'indizione è un periodo di 15 anni)].
A sinistra e a destra del portale sono murate due lapidi che riportano delibere papali per indulgenze religiose. Sotto la lapide di sinistra è la targa marmorea che indica il livello di piena del Tevere nel 1937; un'altra targa, relativa alla grande piena del 1870, è murata sul lato esterno destro dello stesso portico (v. sezione "Scritte sul marmo").


LA NAVATA
fig.A1 - Pianta
                      della Basilica nel 1744 Di impianto basilicale, ma con il presbiterio della primitiva basilica fortemente rialzato (v. in fig.1 la pianta del 1744), a tre navate divise da due file di sette colonne di materiali e origini diverse, databili I-II secolo d.C. e forse in parte provenienti dal portico dell'antico tempio di Esculapio (fig.2); le basi sono originali mentre i capitelli in stucco risalgono al restauro settecentesco. Il soffitto a cassettoni è del 1624 ma rinnovato sotto Pio IX nel 1865 (fig.3); le pitture nei tre riquadri maggiori sono opera del frate Bonaventura Loffredo: in quella centrale "S.Bartolomeo rifiuta di adorare gli idoli pagani".
fig.A2 -
                    Navata centrale e colonne Il pavimento cosmatesco originale è andato perduto nei restauri settecenteschi e totalmente rifatto nel secolo XIX.
fig.A3 - Soffitto
                      a cassettoni A sinistra dell'ingresso si riconoscono le strutture residue della base del campanile che fu aperta su due lati, a costituire la parte iniziale della navata sinistra, nel 1625 durante i lavori che portarono all'avanzamento della facciata.
In ogni navata si aprono tre cappelle, nessuna delle quali presenta opere di rilievo: molti dipinti sono stati pesantemente rimaneggiati nel tempo e spesso danneggiati dalle inondazioni del Tevere.
Iniziando dalla navata sinistra si incontrano: la Cappella di S.Antonio da Padova, inizialmente decorata da Antonio Caracci ma rimaneggiata nel secolo XIX; la Cappella della Madonna della Pace, forse la prima opera di un ancora inesperto Antonio Caracci, per conto del Cardinal Tonti, realizzata nel 1609-10; la Cappella della Passione o di Gesù Crocifisso, in pessimo stato di conservazione, anch'essa decorata dal Caracci nel 1610-11.
Nella navata destra, nell'ordine: la Cappella di Santa Francesca Romana, nata e vissuta nei pressi della basilica; la Cappella di S.Carlo Borromeo, ultima opera del Caracci nella basilica (1612-14); la Cappella di S.Francesco d'Assisi, originariamente dedicata a S.Bonaventura.

IL TRANSETTO
Al centro della scala che conduce al presbiterio è collocato l'elemento più singolare della chiesa:fig.B1 -
                      Presbiterio e vera di pozo sulla scala la vera di pozzo che costituisce il legame ideale con l'antico tempio di Esculapio. (fig.4) Per la descrizione dettagliata si rimanda alla sezione In particolare.
L'altare maggiore in marmo bianco, dono di Pio IX (v. sezione La Storia), poggia su una vasca in porfido rosso con protome leonina e maniglie in rilievo e un cartiglio con la scritta "CORPUS SANCTI BARTHOLOMAEIfig.B2 - Vasca in
                      porfido sotto l'altare APOSTOLI" che testimonia la presenza delle reliquie di S.Bartolomeo (fig.5). Nel pavimento sono inseriti due riquadri del vecchio pavimento cosmatesco. Nella tribuna è raffigurato il "Martirio di S.Bartolomeo" di Francesco Manno (1806) che curò anche la ristrutturazione architettonica dell'abside, mentre il "Cristo in gloria e santi" nel catino absidale e i restanti affreschi sono opera di Bonaventura Loffredo.
Nel lato destro del transetto, preceduta da due leoni stilofori romanici fig.B3 - Leone
                      stiloforo sinistrofig.B4 - Leone
                      stiloforo destro
(XII secolo) probabilmente già collocati all'ingresso della vecchia chiesa (fig.6-7) è la cappella della Vergine o del SS. Sacramento, nota anche come cappella Orsini di Pitigliano, famiglia che nel '600 ne assunse il patronato; la posizione della cappella, non in asse con il resto della basilica, farebbe risalire la sua origine al vecchio impianto basilicale. Il soffitto è attribuito a Martino Longhi il Vecchio (1601). Sopra al paliotto d'altare di marmo policromo (fig.8)fig.B5 - Il
                      paliotto con le reliquie di S.Teodora contenente le reliquie di S.Teodora (vi si legge la scritta "HIC IACET CORPUS BEATÆ THEODORÆ MATRONÆ ROMANÆ"), è un antico affresco (fine '200) scoperto nel 1904 e raffigurante la "Vergine in trono con il Bambino benedicente e santi" fig.B6 - Vergine in
                    trono con il Bambino benedicente(fig.9).
Nella parete sinistra della cappella è incastonata una palla di cannone caduta nella chiesa durante gli scontri del 1849; maggiori informazioni nella sezione In particolare.
Sulla parte destra del transetto, prima di accedere alla cappella, dietro una grata in ferro è custodito un catino di bronzo circolare (secolo X-XI) di fattura araba (fig.10). La tradizione vuole che sia stato il recipiente, o il relativo coperchio,fig.B7 - Il catino
                      di bronzo utilizzato per contenere le reliquie di S.Bartolomeo durante il trasporto da Benevento a Roma.
Nel lato sinistro del transetto è l'antica sacrestia che divenne, ad opera di Giulio III (metà 1500), una cappella dedicata dapprima a S.Paolino da Nola,
rappresentato "in gloria" (1704) al centro della volta, e attualmente a S.Adalberto.fig.B8 - L'Assunta
                    con santi Sull'altare, sormontata da un'Annunciazione seicentesca, è una tela (fig.11) che raffigura "l'Assunta con i santi Paolino, Adalberto, Esuperanzio e Marcello" (1665); le loro reliquie, ad eccezione di quelle di S.Paolino traslate nel 1909 a Nola, sono tuttora conservate nella cappella. La cappella ha costituito fino al 1846 la sede della Confraternita dei Molinari sotto la protezione di S.Paolino ed è decorata con figure attinenti a tale attività visibili nella sezione In particolare. Una lapide sulla parete sinistra ne ricorda un restauro del 1626.
Da una porta sulla parete destra si accede all'attuale sacrestia.


LA CRIPTA
Dal piccolo giardino adiacente al lato sinistro della chiesa si scende alla fig.C1 - Capitelli
                    con l'aquila di Ottone IIIcripta, in origine fig.C2 - Pietra
                    tombale settecentesca accessibile dalla navata della chiesa attraverso due rampe di scale. Nella cripta, crollata durante la piena del 1557 insieme all'abside soprastante e finita di restaurare nel 1975, si può riconoscere l'antica pianta a piccole navate con volte a crociera sostenute da da due file di tre colonnine; due capitelli, originari dell'antica basilica, sono decorati con l'aquila imperiale coronata (fig.12) simbolo di Ottone III. In un piccolo locale si trovano una lapide romana, utilizzata come architrave, e due pietre tombali (fig.13) settecentesche.


LA VERA DI POZZO
fig.A1 - La vera di pozzo inserita nella
                      scala davanti all'altar maggiore La posizione della vera di pozzo, attualmente inserita tra i gradini della scala davanti all'altar maggiore (fig.1), potrebbe corrispondere a quella della sorgente taumaturgica dell'antico tempio di Esculapio, rappresentandone il legame ideale. L'ipotesi più accreditata ne fa risalire l'origine alla fondazione della chiesa ottoniana.
Ricavata dal rocchio di un'antica colonna (ne è riconoscibile la base), porta scolpite quattro figure inserite in piccole edicole (fig.2÷5); a partire da quella rivolta verso l'ingresso della chiesa e procedendo in senso antiorario troviamo: Cristo con il libro aperto, un santo (probabilmente Sant'Adalberto) in abiti vescovili con il pastorale ed il libro chiuso, l'imperatore O
ttone III recante un disco con il modello dell'antica chiesa e San Bartolomeo con il libro aperto e il coltello del suo martirio.

 


2


3

4

5
2 - Il lato frontale della vera con la figura di Cristo recante il libro aperto e le lettere OS e PV sullo sfondo
3 - Sul lato destro (sud-ovest) della vera è raffigurato Sant'Adalberto, o secondo alcuni S.Paolino, in abiti vescovili con il pastorale ed il libro chiuso. Sullo fondo le lettere TE I SCI
4 - Sul lato posteriore, rivolto verso l'altare, è l'immagine dell'imperatore Ottone III (v. sezione Personaggi) che reca nella mano un disco con incisa l'immagine della chiesa primitiva. Sullo sfondo le scritte CIR CVDANT
5 - Il lato sinistro (nord-est) raffigurante San Bartolomeo che regge il libro aperto e, nella destra, il coltello simbolo del suo martirio (v. sezione Personaggi). Sullo sfondo le lettere ORBE ROTAN TI

Partendo dalla figura del Cristo, e procedendo sfig.A6 - La parte superiore della vera di pozzo
                    con i segni delle cordeempre in senso antiorario, si riconosce la seguente scritta, inserita in modo irregolare sullo sfondo delle quattro figure:
OS PU-TEI S[AN]C[T]I - CIR CU[N]DANT - ORBE ROTAN TI
[I santi in cerchio circondano la bocca del pozzo]

Nella parte superiore della vera sono visibili (fig.6) i segni lasciati dalle corde usate per attingere l'acqua dal pozzo e che ne hanno reso illeggibile la scritta.

LA PALLA DI CANNONEfig.B1 - Palla di cannone e lapide
Nel 1849, durante l'assedio dell'esercito francese alla Repubblica Romana da poco costituitasi (9 febbraio), che portò alla resa dei repubblicani il 4 luglio dello stesso anno, una palla di cannone scagliata dalla Via Aurelia entrò nella chiesa attraverso il muro cadendo, miracolosamente senza provocare danni, sull'altare della cappella della Vergine (quella alla destra dell'altare maggiore).
La palla è stata murata nella parete sinistra della cappella stessa sopra una lapide che ricorda l'avvenimento: il testo è riportato qui di seguito con la traduzione a lato.

BELLICUM HOC TORMENTVM
IN PERDVELLES E VIA AVRELIA IACTVM
EXEVNTE IVNIO MDCCCXXXXIX
DISIECTOQVE ANTICO PARIETE HVC IMMISSVM
SOSPITATRICE MARIA OPIFERA
SVPER ALTARE INOPINATO CONSTITIT
FRANCISCALIVM QVE INCOLVMITATEM POSTERIS
REFERT

Questo proiettile di guerra,
lanciato contro i nemici dalla via Aurelia
alla fine di Giugno 1849
e, sfondato il muro anteriore, qui entrato,
per aiuto di Maria salvatrice
si fermò inaspettatamente sull'altare,
e comunica ai posteri l'incolumità dei Francescani

LA CAPPELLA DEI MOLINARI
Nel locale alla sinistra dell'altare maggiore, inizialmente adibito a sacrestia e successivamente trasformato in cappella da Giulio III a metà del XVI secolo, i mugnai romani stabilirono fino al 1846 la sede religiosa della loro corporazione "Romana Molendinariorum", sotto la protezione di S.Paolino, decorandola con scene della loro attività (fig. 7÷10). Il restauro del sacello contenente le reliquie dei santi custodite nella cappella è ricordato dall'iscrizione sul portale di ingresso alla basilica. A terra sono presenti tracce di un antico pavimento cosmatesco.
La lapide murata nella parete sinistra (fig. 11) riporta, sopra la raffigurazione di un molino, la scritta seguente, relativa ad un restauro del 1626:

CAPPELLA DELL'ARTE DE MOLINARI
FONDATA PER DETTA ARTE
ET A BENEFICIO ET COMODO DI QUELLA
DA GABRIELE CRISPIATI
COME CAMERLENGO DI DETTA ARTE
A FONDAMENTI
NEL TEMPO DI GIULIO III FEL MEM
ET L'ANNO MDCXXVI
DA FRANCESCO MORETTI
ET ALFONSO ERCOLANI DEPUTATI
ET CONSOLI DI DETTA ARTE
RESTAURATA A NOME DELL'ARTE
ET PER QUELLA

fig.C1 -
                              Iscrizione che ricorda il restauro del
                              reliquiario

fig.C2 - Uno
                              dei due dipinti monocromi di molini

fig.C3 - Un
                              molino e una bestia da soma adibita al
                              trasporto del grano

fig.C4 -
                              Rappresentazione di un molino nella volta
                              della cappella

fig.C5 -
                              Rappresentazione di un molino nella volta
                              della cappella

fig.C6 - La
                              lapide che ricorda uno dei numerosi
                              restauri della cappella


I PERSONAGGI

Ottone III

Ottone III

Sant'Adalberto

Sant'Adalberto

San Bartolomeo

SanBartolomeo

OTTONE III
Ottone III nacque nel 980 dall'imperatore sassone Ottone II e dalla principessa bizantina Teopliano (o Teofano), figlia dell'imperatore d'Oriente Romano II. Rimasto orfano del padre a tre anni, l'imperatore-bambino crebbe educato dalla madre, dalla quale apprese l'amore per la cultura, e dai più dotti maestri del tempo. Assunse l'effettivo comando dell'Impero nel 995 appena quindicenne.
Ottone sentiva profondamente come la sovranazionalità del proprio ruolo coincidesse con il recupero della "romanità" del titolo imperiale; considerò quindi tra i suoi aspetti qualificanti del suo regno il rilancio della funzione e dell'immagine dell'Urbe.Ottone III
Si impose al clero romano perché Brunone di Carinzia, suo cugino, ascendesse al soglio pontificio con il nome di Gregorio V (996-999). L'anno seguente si recò a Roma per ricevere dal nuovo pontefice l'incoronazione imperiale, sul modello di quanto aveva fatto quasi due secoli prima Carlo Magno.
Per realizzare attraverso la fede l'unione delle diverse nazioni europee, Ottone intraprese una serie di pellegrinaggi: in Germania fu raggiunto dalla notizia del martirio di Adalberto (997), a cui era legato da personale amicizia e da sincera venerazione, da parte dei Prussiani che cercava di convertire.
In sua memoria fece erigere una chiesa sull'estremità meridionale dell'Isola Tiberina, dove anticamente sorgeva un tempio dedicato ad Esculapio, dio della medicina (si racconta che Ottone scelse l'Isola Tiberina per poter vedere la chiesa dal suo palazzo sull'Aventino).
Recatosi nel 1000 in solenne pellegrinaggio a Gniezno, in Polonia, per pregare sulla tomba dell'amico martire, ottenne alcune reliquie da portare nella chiesa sull'Isola Tiberina. La chiesa fu arricchita di molte altre reliquie, tra cui la pelle di S.Bartolomeo, il cui nome presto si sostituì a quello di S.Adalberto.
Nel febbraio del 1001 l'incomprensione dei romani sfociò in una nuova rivolta: assediato nei palazzi del Palatino, Ottone abbandonò Roma rifugiandosi nel castello di Paterno alle falde del Soratte in attesa di rinforzi dalla Germania. Ma il 23 Gennaio del 1002, logorato anche da febbri malariche contratte nelle paludi di Ravenna, morì a soli 22 anni.
I suoi fedeli soldati trasportarono il corpo del loro infelice imperatore ad Acquisgrana dove, secondo il suo desiderio, fu sepolto accanto al grande Carlo Magno; del suo sepolcro si è ormai perduta la memoria.
Link di riferimento: "Bollettino di informazioni culturali della Pro Loco di Sant'Oreste (RM)"

SANT'ADALBERTO
Nato intorno al 956 a Libice da una famiglia dell'aristocrazia boema, Vojtech (questo il suo nome originario) venne presto avviato alla carriera ecclesiastica. Compì i suoi studi nella scuola episcopale di Magdeburgo in Sassonia, sotto la direzione di Adalberto, il vescovo che gli aveva conferito la cresima e del quale aveva assunto il nome. Fu ordinato sacerdote a Praga da Thietmar, primo vescovo della città. Membro del clero della cattedrale praghese, Adalberto assunse la guida della diocesi nel 983.Sant'Adalberto
Nel corso dei suoi viaggi in Europa entrò in contatto con importanti ambienti monastici: dopo un soggiorno a Montecassino si era avvicinato a San Ni1o, fondatore del monastero di rito bizantino di Grottaferrata. A Roma aveva trovato ospitalità presso il monastero dei Ss. Bonifacio e Alessio sull'Aventino.
Durante il secondo soggiorno romano (994-996?), il santo ebbe modo di entrare in amicizia con Ottone III, che da allora nutrì per lui grande venerazione.
Adalberto decise di dedicarsi alla conversione delle popolazioni pagane della Polonia. Si recò quindi in terra prussiana, ma la sua missione durò pochi giorni: giunto a Tenkitten per predicare, subì il martirio il 23 aprile del 997. Dopo averlo trafitto con lance e frecce, gli assalitori infierirono sul suo corpo, disperdendone le membra. Il duca Boleslao ne recuperò le spoglie e le fece trasferire a Gniezno, l'antica capitale polacca. Alcune reliquie furono successivamente trasportate nella Basilica di S.Bartolomeo dall'amico imperatore Ottone III. Fu canonizzato nel 999.
La presenza di queste reliquie del santo boemo ha attratto in questo luogo, da secoli, pellegrini di quelle terre. Il culto di Sant'Adalberto è diffuso in Boemia, Italia e Polonia.
Il più antico documento del culto del santo nella basilica di S.Bartolomeo è la vera di pozzo ricavato dal tronco di un'antica colonna di marmo bianco e situato nel cuore della chiesa. In uno dei lati è scolpita la figura di Sant'Adalberto con il pastorale e i paramenti episcopali.

SAN BARTOLOMEO
Bartolomeo era uno dei dodici apostoli; mai citato nelle scritture, si suole identificare con il Nathanael del primo capitolo del vangelo di Giovanni, condotto a Gesù dall'apostolo Filippo e conosciuto con il patronimico Bar-Talmae e cioè Bartolomeo.Martirio di San
                  Bartolomeo
Questa pagina evangelica è l'unica fonte certa su Natanaele-Bartolomeo. Nei Vangeli il nome di Bartolomeo compare sempre insieme a quello degli altri discepoli ed anche le sue vicende dopo la morte di Gesù non sono chiare.
Nato a Cana di Galilea, secondo la leggenda diffuse la notizia della morte di Gesù sulla croce. In seguito si hanno sue notizie in tutta l'Asia Minore, dalla Persia all'Armenia, alla Mesopotamia, all'Egitto, dalle coste del Mar Nero, alla Frigia e alla Licaonia (Licaonia era anche uno dei nomi con cui veniva denominata l'isola Tiberina nel Medioevo).
E' tradizione che, dopo l'Ascensione di Cristo, egli abbia predicato il Vangelo in India.
Il "Martirologio romano" di lui scrive: "predicò nell'India il Vangelo di Cristo; recatosi nell'Armenia maggiore, avendo convertito moltissimi alla fede, fu dai barbari scorticato vivo, e, per ordine del re Astiàge, colla decapitazione compì il martirio".
L'antica Chiesa cristiana lo ricorda, insieme a San Taddeo, con il titolo di "Primo illuminatore dell'Armenia".
Le sue reliquie furono trasferite alle Isole Lipari nell'809, di lì a Benevento nel 983 e quindi a Roma.
San Bartolomeo è il protettore di tutti i lavoratori che hanno a che fare con pelli, lame e coltelli come i macellai, ma anche i conciatori, numerosi nel Medioevo proprio sull'Isola Tiberina.
Il giorno di San Bartolomeo, celebrato il 24 di agosto, era festeggiato a Roma con la cocomerata, in cui i ragazzi gareggiavano a nuoto per recuperare i cocomeri gettati nel Tevere.

Le spoglie di S.Bartolomeo [Tratto dall'opera «Reliquie Insigni e "Corpi Santi" a Roma» di Giovanni Sicari ]
Nel 410 le spoglie di Bartolomeo furono trasportate a Martyropolis e Maiafarqin dal vescovo Maruta. Nel 507 vennero traslate dall'imperatore Anastasio I a Darae in Mesopotania. Nel 546 risultano a Lipari e nel 838 a Benevento. Dal 983, portate a Roma da Ottone III, sono nell'antica vasca di porfido dell'altare maggiore della chiesa di S. Bartolomeo Apostolo all'Isola. Sue reliquie risultano sparse in varie chiese europee. Nel 1238 quella della calotta cranica fu portata nella cattedrale di Francoforte sul Meno. Altre sono nella certosa di Colonia e nel monastero di Lune, presso Luneburg. S. Edoardo donò una parte di un braccio alla cattedrale di Canteerbury. Altre ancora risultano in Francia. In Italia la città di Pisa vantava il possesso di parte della sua pelle. La città di Benevento, che ha sempre sostenuto di aver dato ad Ottone III un altro corpo, rivendica il possesso dei suoi resti custoditi nella chiesa a lui dedicata. A Roma, a causa di uno straripamento del Tevere, nel 1557 i resti furono traslati a S. Pietro in Vaticano. Nel 1560 Pio IV li fece riportare con una solenne processione all'Isola Tiberina. A seguito dei danni causati alla chiesa dai francesi nel 1798 alcune sue reliquie furono portate a S. Maria in Trastevere. In questa basilica, nella Domenica in Albis, si mostrava una sua reliquia insigne. Sempre secondo l'Inventario (1870), nel giorno di Pasqua parte della testa era esposta a S. Prassede. Il 1 maggio e il 24 agosto si esponeva (Diario Romano, 1926) parte di un braccio ai Ss. XII Apostoli.


BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
"Isola Tiberina" Fabrizio Plateroti - 2000 - Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato
"S. Bartolomeo all'Isola Tiberina" Marco Pupillo - 1998 - Ed. Angelo Guerrini e Associati SpA
"Guide rionali di Roma: R.XII - Ripa; Parte I" Daniela Gavallotti Cavallero - 1977 - Flli Palombi Editori
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Dizionario di erudizione storico - ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni" Gaetano Moroni - 1855 -
Tipografia Emiliana - Venezia