LA STORIA
La basilica di "San Bartolomeo all’Isola" fu costruita verso la fine del X secolo (nel 997 secondo Gregorovius) per volontà dell’imperatore germanico Ottone III, in onore dell’amico martire Sant’Adalberto, sulle rovine di un antico tempio romano votivo in onore di Esculapio (si racconta che Ottone scelse l’Isola Tiberina per poter vedere la chiesa dal suo palazzo sull’Aventino).
Ottone III arricchì la basilica da lui fondata di reliquie di santi, tra cui quelle di San Paolino da Nola e dell’apostolo Bartolomeo. Il nome della basilica mutò in breve tempo da Adalberto a Bartolomeo: già nel 1088, su alcuni documenti, viene indicata come S. Bartholomeus a Domo Ioanni Cayetani e in una iscrizione datata 1113, quella inferiore visibile sul portale d’ingresso della basilica, si ricorda soltanto la presenza dei corpi dei santi Bartolomeo e Paolino da Nola. (fig.1)
Durante il pontificato di Pasquale II (1099-1118) la chiesa fu completamente rifondata, come documentato dalla iscrizione superiore sullo stesso portale; a quell'epoca risale probabilmente anche il campanile romanico che affianca la chiesa.
Gli interventi di riedificazione si conclusero nella seconda metà del XII secolo, al tempo di papa Alessandro III (1159-1181), e portarono la chiesa alla configurazione tuttora visibile nelle sue linee essenziali.
Resa titolo cardinalizio nel 1517 da papa Leone X, la chiesa di S. Bartolomeo fu affidata nel 1524 ai francescani dell’Osservanza.
Durante il pontificato di papa Giulio III (1550-1555) la Confraternita dei Molinari si insediò nella cappella a sinistra dell’altare maggiore, e vi rimase fino al 1846.
Nel 1557 una disastrosa inondazione danneggiò in maniera irreparabile la facciata con i suoi mosaici, la navata destra e la zona del presbiterio, distruggendo anche la decorazione pittorica e musiva dell’interno; ne rimane solamente un frammento conservato nella Sala del Mosaico, ex coro dei frati, sopra al portico (fig.2). La chiesa fu quindi temporaneamente abbandonata e le reliquie trasferite nella Basilica Vaticana.
Nel 1583 il cardinale Anton Giulio Santoro patrocinò il restauro della facciata, della navata destra e del presbiterio, la costruzione di un nuovo ciborio in sostituzione di quello medioevale di cui riutilizzò le quattro preziose colonne in porfido, trasferite poi nel 1829 in Vaticano nella Galleria degli Arazzi, e il ritorno delle reliquie dell’apostolo Bartolomeo dalla Basilica Vaticana. Le reliquie furono deposte nell’antica vasca di porfido rosso che ancora oggi è basamento dell’altare maggiore. (fig.3)
Nella cappella dei Molinari furono collocate nel 1601 le reliquie di S. Paolino e dei santi Adalberto, Esuperanzio e Marcello; nel 1636 San Paolino da Nola divenne protettore della Confraternita.
Dal 1608 al 1621 il cardinale Michelangelo Tonti chiamò Antonio Carracci (1589-1616), nipote di Annibale, ad affrescare quattro delle sei cappelle laterali della basilica.
Al tempo del cardinale spagnolo Gabriele Trejo Paniacqua (1621-1630) risale l’esecuzione della nuova facciata, del soffitto ligneo e alcuni altri interventi minori.
Il Cardinal Nepote Francesco Barberini finanziò nel 1638 la costruzione dell’ala del convento francescano alla sinistra della facciata (1639), simmetrica a quella edificata nel XVI secolo e oggi non più esistente, ma visibile in alcune incisioni d’epoca. (fig.4)
Nel 1694 i francescani installarono, nei locali circostanti la basilica, il proprio Collegio Missionario, attivo fino al 1885, anno dell’esproprio statale.
Nei primi decenni del Settecento il cardinale spagnolo Antonio Cienfuegos, titolare dal 1721 al 1739, promosse e finanziò la sistemazione delle balaustre di accesso alle cappelle, il pavimento e la ricca decorazione a stucco che orna l’intera navata centrale della basilica.
Nel Settecento alcune importanti istituzioni religiose si insediarono in S. Bartolomeo tra cui la "Confraternita dei Devoti di Gesù al Calvario e di Maria SS. Addolorata", detta dei Sacconi Rossi per il caratteristico abito usato durante le processioni, fondata nel 1760, i cui membri si incaricavano di raccogliere i cadaveri abbandonati e in particolare quelli degli annegati nel Tevere, seppellendoli in un cimitero sotto all’oratorio.
Nel 1798 la chiesa fu occupata dell’esercito francese; i danni lasciati dall’occupazione militare resero necessario, nel 1801, il restauro dell’area del presbiterio.
Nel 1852 Papa Pio IX (1846-1878) donò alla chiesa un nuovo altare, sistemato intorno alla vasca in porfido con le reliquie dell’apostolo, e commissionò una campagna di lavori negli anni 1865-68, promuovendo una raccolta in danaro allo scopo.
Durante i tragici mesi dal settembre 1943 al giugno 1944 la basilica, come altri conventi e case di religiosi di Roma, dette rifugio a decine di ebrei, nascosti per evitare la deportazione.
Nel 1994 papa Giovanni Paolo II ha affidato alla Comunità di Sant’Egidio la basilica e i locali annessi, e dal 2000 essa è dedicata ai “Nuovi Martiri del Novecento”.(fig.5)